La Firma dalla presentazione di Lucca

Quando le Brigate Rosse assassinavano i comunisti

LUCCA, 10 dicembre – Uno dei più grandi problemi di questo Paese è la mancanza di memoria, che provoca continuamente disastri. Ben vengano quindi contributi come quello del nostro collaboratore Nazareno Giusti, che ha presentato oggi a Palazzo Ducale la sua ultima opera a fumetti, intitolata “La firma”, che racconta la storia dell'assassinio del sindacalista genovese Guido Rossa, ucciso dalle Brigate rosse il 24 gennaio 1979 e già protagonista di un film del 2007 per la regia di Giuseppe Ferrara.
La “sentenza” di morte di Rossa era stata decisa dai vertici delle BR a seguito della denuncia che quest'ultimo aveva firmato (da qui il titolo dell'albo) nei confronti del collega Francesco Berardi, colto sul fatto mentre diffondeva volantini delle Brigate Rosse all'interno dell'Italsider di Genova, dove entrambi lavoravano come operai.
Una denuncia a cui era seguito un processo che aveva visto il sindacalista testimoniare contro Berardi, condannato poi a quattro anni e sei mesi di reclusione.
L'esecuzione, commessa da due brigatisti alle 6,30 di mattina, ha segnato una svolta anche per quella minoranza di attivisti di sinistra che fino a quel momento si erano trincerati dietro al celebre motto “Né con lo Stato, né con le BR”, segnato di fatto un nuovo corso degli anni di piombo.
I terroristi comunisti avevano assassinato un operaio. Un compagno.
Guido Rossa si era infatti iscritto al Pci nel 1962, dopo una vita avventurosa che lo aveva portanto anche a far parte di una spedizione alpinistica sull'Himalaya.
Quella tessera, per lui, aveva il significato di una svolta: scalare montagne di pietra non bastava più, iniziava l'impegno civile.
“Questa è la storia di chi credeva di essere un eroe e per questo ha preso le armi e ha ucciso – scrisse in seguito Carlo Lucarelli sugli anni di piombo – e di chi, invece, si è trovato ad esserlo per le Istituzioni, per la Legge, per lo Stato. E che proprio per questo, magari senza volerlo, come un eroe è stato ucciso”.
Forse Guido Rossa ha avuto dei dubbi, quando vide che di fronte alla richiesta di firma della denuncia tutti gli operai che lo avevano accompagnato in qualità di testimoni si tiravano indietro ("Le Brigate Rosse gettano la maschera, operaio comunista trucidato a Genova", titolò L'Unità).
Forse sapeva che quella firma sarebbe stata per lui una condanna a morte.
Ma “Chi tace e abbassa la testa muore ogni volta, chi parla e cammina a testa alta muore una volta sola” (Giovanni Falcone).
E così è stato: quattro colpi alle gambe, due al cuore. Pistola calibro 7,65.
“Il nucleo armato della BR ha giustiziato Guido Rossa, spia e delatore all'interno dello stabilimento Italsider di Cornigliano. Il suo tradimento di classe è ancora più squallido e ottusoin considerazione del fatto che il potere i servi prima li usa, ne incoraggia l'opera e poi li scarica. Compagni, da quando la guerriglia ha cominciato a radicarsi dentro la fabbrica, la direzione Italsiders, con la preziosa collaborazione dei berlingueriani, si è posta il problema di spionaggio, utilizzando insieme delatori vecchi e nuovi. L'obiettivo che il potere vuol raggiungere attraverso questa rete di spionaggio è quello di individuare e annientare all'interno delle fabbriche qualsiasi espressione di antagonismo di classe”, si leggeva nella lettera di rivendicazione dell'esecuzione fatta arrivare dalle BR alla redazione de “Il Secolo XIX”.
Era il 6 febbraio 1979.
Appena pochi giorni prima, il 27 gennaio, la città di Genova si era fermata, in una giornata piovosa.
Tra le bandiere rosse del Pci e della Cgil, quelle a mezz'asta degli edifici pubblici, i segni della croce e i pugni chiusi un corteo silenzioso di 250mila persone giunte da tutta Italia sfilò per rendere omaggio all'uomo che aveva osato sfidare le Brigate Rosse.
Quel giorno, e pochi altri, l'Italia fu una nazione.
Uno dei problemi più grandi del nostro Paese è la memoria. Per questo ben vengano le storie a fumetti, come quella di Nazareno Giusti.
Per farci ricordare tutti quegli uomini che, non abbassando la testa e pagando con la vita, adesso ci permettono di non vergognarci di fronte alla Storia.

Sito di riferimento: http://www.loschermo.it/articoli/view/31028

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